GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO

Dott.ssa Annalisa Barbier

Da alcuni anni l’interesse clinico si è andato rivolgendo sempre di più all’incalzante fenomeno del gioco d’azzardo patologico e delle altre dipendenze non legate a sostanze. Complici le ossessionanti pubblicità non censurate, che fanno sapientemente leva sul desiderio di apparire perfetti o di dare una svolta alla propria vita in maniera facile, veloce ed eccitante, sempre più persone cadono nella rete di quelle che vengono definite le “nuove dipendenze”.

Si tratta di attività assolutamente legali e anzi, attivamente promosse nella società consumistica occidentale alla quale apparteniamo, rappresentando una nuova emergente forma di dipendenza patologica che potremmo definire “di lusso” a causa della grande componente economica che vi si lega.

Queste forme di dipendenza non prevedono l’abuso di sostanze (ad esempio, alcool o droghe) ma sono legate all’uso smodato di oggetti o attività specifiche (sesso, sesso virtuale, shopping, computer, TV, gioco ecc), tale da divenire il fulcro della vita quotidiana della persona che ne è affetta, mettendone a repentaglio la salute, le finanze, l’equilibrio psicologico e le relazioni sociali e familiari.

Non è mia intenzione affrontare in questa sede gli aspetti etici e sociologici di questo fenomeno – sebbene molte di queste attività vengano pubblicizzate legalmente persino dallo Stato – quindi mi limiterò a trattarne gli elementi psicopatologici e terapeutici.

Una delle forme di dipendenza più diffuse è il Gioco D’azzardo Patologico (GAP). Circa l’80% della popolazione adulta gioca o ha giocato a un gioco d’azzardo in maniera “sociale”, quindi non necessariamente patologica. La prevalenza di giocatori patologici nella popolazione generale adulta (>18 anni) varia dall’1% al 3%. Nel 2006 in Italia erano circa 700.000 i soggetti stimati che presentano un problema di gioco d’azzardo patologico: l’85% di questi erano di sesso maschile e quasi l’80% aveva un’età superiore ai 40 anni. Relativamente agli adolescenti, secondo un’indagine S.I.I.Pa.C. su circa 2.800 studenti di età compresa tra i 13 e i 21 anni, quasi il 10% sono risultati essere giocatori problematici e il 5% patologici (EURISPES, Rapporto Italia 2007, Percorsi di ricerca nella società italiana).

Un aspetto caratteristico del GAP è la comorbiltà che il disturbo presenta con altre forme di abuso o dipendenza: consumo di alcol e/o di altre sostanze psicotrope legali e/o illegali e con altre patologie psichiatriche e comportamentali quali depressione e bipolarismo, disturbi d’ansia e disturbo da deficit di attenzione iperattività (ADHD) o disturbi della personalità di tipo Narcisistico, Antisociale e Borderline. Questi soggetti sono caratterizzati dal bisogno di sostenere una intensa attività fisica e mentale come forma di stimolazione ed autogratificazione ed è per la stessa ragione che tendono ad abusare di sostanza psicotrope. Sono inoltre tipicamente associate tipiche distorsioni del pensiero: negazione, superstizione, eccessiva fiducia nelle proprie possibilità di vincita, smodata convinzione di avere controllo e potere sulle proprie attività. Dal punto di vista squisitamente medico, questi soggetti presentano un aumentato rischio di sviluppare patologie quali ipertensione, ulcera peptica ed emicrania.

IL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO è un disturbo del comportamento ed il DSM-IV lo inserisce nella categoria diagnostica dei disturbi del controllo degli impulsi. Esso ha inoltre una specifica attinenza clinica con le dipendenze, essendo considerato come una forma di “dipendenza senza sostanze”. Il giocatore patologico, infatti, sviluppa una crescente dipendenza dal gioco che si manifesta con l’aumento della frequenza e della durata delle giocate, associato all’aumento dell’impegno economico legato alle giocate stesse. Compare presto il desiderio di aumentare la portata delle giocate per sentirsi più eccitato, ed il successivo tentativo di recuperare le somme perse attraverso l’aumento dell’investimento economico che esse comportano. Il giocatore finisce con il chiedere in prestito denaro indebitandosi, dedicandosi quasi unicamente all’attività di gioco a discapito della vita sociale, familiare e lavorativa. Ogni allontanamento dall’attività di gioco diventa doloroso e comporta un aumento dell’ansia associato all’impulso irrefrenabile di giocare di nuovo.

Se sono presenti contemporaneamente almeno cinque dei seguenti sintomi, si pone diagnosi di gioco d’azzardo patologico (DSM-IV, 1994):

 

  1. È eccessivamente assorbito dal gioco d’azzardo (per esempio, è continuamente intento a rivivere esperienze trascorse di gioco, a valutare o pianificare la prossima impresa di gioco, a escogitare i modi per procurarsi denaro con cui giocare)
  2. Ha bisogno di giocare somme di denaro sempre maggiori per raggiungere lo stato di eccitazione desiderato
  3. Ha ripetutamente tentato di ridurre, controllare o interrompere il gioco d’azzardo, ma senza successo
  4. È irrequieto o irritabile quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo
  5. Gioca d’azzardo per sfuggire problemi o per alleviare un umore disforico (per esempio, sentimenti di impotenza, colpa, ansia, depressione)
  6. Dopo aver perso al gioco, spesso torna un altro giorno per giocare ancora (rincorrendo le proprie perdite)
  7. Mente ai membri della propria famiglia, al terapeuta, o ad altri per occultare l’entità del proprio coinvolgimento nel gioco d’azzardo
  8. Ha commesso azioni illegali come falsificazione, frode, furto o appropriazione indebita per finanziare il gioco d’azzardo
  9. Ha messo a repentaglio o perso una relazione significativa, il lavoro, oppure opportunità scolastiche o di carriera per il gioco d’azzardo

10.  Fa affidamento sugli altri per reperire il denaro per alleviare una situazione economica disperata causata dal gioco (una “operazione di salvataggio”).

 

Le cause del GAP sono da ricercarsi nell’ambito dell’educazione familiare e nella presenza di altri disturbi psicologici. Infatti, vivere in una famiglia all’interno della quale il gioco è abituale rappresenta un fattore predisponente e di minor protezione verso i comportamenti di gioco compulsivo. Anche i disturbi economici possono indurre il soggetto a tentare il tutto-per-tutto nel gioco, rischiando di avviare un circolo vizioso in cui gioca ormai per tentare di recuperare il denaro perso.

Il meccanismo caratteristico della compulsione – quindi anche del GAP – è il bisogno di emettere un determinato comportamento al fine di alleviare l’ansia crescente che si sviluppa, creandosi un circolo vizioso in cui l’eccitazione legata al gioco è il motivo per il quale il giocatore perpetra il gioco stesso.

Dal punto di vista della fisiologia, nel GAP sono coinvolti i meccanismi neurotrasmettitoriali legati a Noradrenalina, Serotonina e Dopamina, neurotrasmettitori legati ai delicati e complessi meccanismi regolatori del piacere e legati al sistema limbico, coinvolto nel “sistema della ricompensa”. Il funzionamento alterato di questi sistemi rende il giocatore capace di trarre piacere esclusivamente da attività intensamente eccitanti e “rischiose”, cioè ad elevato contenuto emozionale. Quali quelle appunto legate alla forte eccitazione provata nel “giocarsi tutto”.

Questo disturbo si sviluppa di solito in maniera insidiosa, iniziando con forme di gioco socialmente accettate e promosse (vedi i giochi promossi dallo Stato), per divenire gradualmente una forma di vera e propria dipendenza, con tutte le tristi e gravi conseguenze che ne derivano. Solitamente gli uomini iniziano a giocare nella tarda adolescenza, prima delle donne le quali iniziano a giocare in età più matura. Il decorso di questo disturbo è purtroppo cronico e ciclico, con ricadute in periodi di stress o depressione, e tendenza all’aumento della frequenza, della durata e dell’ammontare delle giocate.

La terapia del GAP prevede l’associazione del trattamento psichiatrico farmacologico (con farmaci stabilizzatori dell’umore, antidepressivi) con un trattamento psicoterapeutico che valuti eventuali disagi intrapsichici o relazionali per permetterne l’elaborazione consapevole ed eliminare le motivazioni che inducono al gioco.

 

Articoli correlati: QUANDO SERVE LO PSICOLOGO?;

Scrivi commento

Commenti: 0